La Federal Communications Commission (FCC) alla prova della Net Neutrality.
Sale la tensione in vista della decisione sulla net neutrality della Federal Communications Commission (FCC), l’agenzia governativa che regola il sistema delle comunicazioni negli USA. La commissione deve decidere entro il 26 febbraio se riclassificare come servizi di telecomunicazione i servizi di trasmissione dati a banda larga, che attualmente considera “information service”. In caso di riclassificazione, i grandi provider di connettività come Comecast, Verizon e AT&T assumerebbero lo status di “common carriers”, sarebbero regolati dal Titolo II del Telecommunications Act e dovrebbero fare i conti con una normativa orientata alla tutela dell’interesse pubblico e al principio del servizio universale. Nella sostanza non potrebbero differenziare il traffico che passa sulle proprie linee sulla base di tariffe, contenuti, fonti e destinatari, non potrebbero decidere a quali dati dare priorità nella trasmissione e quali dati al contrario rallentare. È quanto chiedono i numerosi attivisti per i diritti digitali che, secondo un recentissimo studio del Berkman Center for Internet & Society di Harvard, sono riusciti a modificare gli orientamenti della FCC attraverso la “sfera pubblica interconnessa”, mobilitando un’impressionante quantità di consenso attorno alle proprie tesi e riuscendo a plasmare il dibattito pubblico sulla questione.
Una questione specifica che, sebbene abbia radici più profonde nel dibattito sull’Internet governance, si è posta a partire dal 14 febbraio 2014, quando la Corte d’Appello federale, su ricorso presentato da Verizon, ha bocciato l’Open Internet Order del 2010 emanato dalla stessa FCC per impedire che i career operassero discriminazioni tra i dati creando “linee veloci”. La Corte, senza entrare nel merito del contendere, ha contestato alla FCC il fatto di sottoporre i provider di connettività alle norme dei common carrier continuando però a includerli tra i fornitori di “servizi informatici”. Se vuole assicurare il principio della net neutrality, è stata la conclusione della Corte, la FCC deve riclassificare il servizio, ancorando il suo orientamento di policy a più solide basi legali. La FCC e la Casa Bianca hanno deciso di seguire questa strada, spinti da una prima mobilitazione organizzata da We the People. La proposta di legge è stata poi sottoposta a due round di consultazione, entrambi dominati dai commenti pro-net neutrality (veicolati in gran parte da siti di advocacy come battleforthenet). Il 10 novembre scorso il Presidente Obama ha preso pubblicamente posizione a favore della riclassificazione, ribadendo l’impegno della Casa Bianca per rigide norme a tutela della neutralità delle infrastrutture.
Le lobby dei carrer però non si son date per vinte e, soprattutto nell’ultimo periodo, hanno incrementato i loro sforzi per scongiurare la riclassificazione. Il loro portavoce in commissione è diventato Ajit Pai, repubblicano, ex avvocato di Verizon, che in questi giorni ha tuonato contro la norma salva-net neutrality dipingendola come un’ingerenza illegittima della FCC in un settore privato, che metterà a rischio la competitività delle corporation statunitensi e comporterà nuove tasse a causa dei sistemi di controllo che renderà necessari. Alla sua conferenza stampa nella sede della FCC si sono registrati momenti di tensione con alcuni attivisti allontanati per aver mostrato uno striscione che, citando un sondaggio di novembre, recitava: “L’85% degli elettori repubblicani è a favore della net neutrality”. La decisione della FCC non è ad oggi scontata e con l’avvicinarsi della fatidica data gli sforzi di propaganda, sensibilizzazione e mobilitazione dei due schieramenti si stanno intensificando.
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